07 gennaio 2007

Riformare la burocrazia: mobilità anche per gli statali

di Mauro David

Sono decenni che se ne parla, la riforma della pubblica amministrazione è ormai il cuore dei problemi. Finora nessuno ci è riuscito, nemmeno Berlusconi. Il manager "dell'azienda Italia", l'artefice dell'impero Mediaset, nonostante i cinque anni di governo, si è dovuto arrendere. Unico sfogo, quando in una trasferta americana ammise che se fosse stato un dipendente pubblico, si sarebbe vergognato a guardarsi nello specchio. Una autentica dichiarazione di resa.

Resta il problema. La macchina dello Stato è universalmente percepita come un baraccone inutile, un gigantesco spreco da tagliare, un bubbone inefficiente su cui ingrassano i dipendenti pubblici. Anche il Wall Street Journal ci dedica la sua attenzione con un servizio dal titolo: "I servizi pubblici italiani sono quelli che operano peggio nell'Unione Europea"

Pericolosissime definizioni. La reazione, comprensibile, spinge a ipotizzare una ridotta presenza dello Stato. Meno lacci e lacciuoli per liberare il dinamismo economico, meno pubblico e più privato.

Si tratta certamente di slogan ideologici, ispirati ad un liberismo semplificato e rozzo, pur tuttavia comprensibili e attraenti per i ceti produttivi e per moltissimi elettori... e, per questo motivo, molto pericolosi.

"Il motivo per cui le multinazionali non investono in Italia sta nell'inefficienza della burocrazia; non certo nel costo del lavoro o nella sua rigidità. La pubblica amministrazione va riformata, snellita, avvicinata a cittadini e imprese".

Non sono le parole di un "capitalista sfruttatore di manodopera", lo dice Guglielmo Epifani, e lo dice reclamando l'introduzione della mobilità per i lavoratori statali.

Epifani è il leader del più grande sindacato italiano. Epifani è un uomo coraggioso, e lo scrivo senza ironia.

Neanche il tempo di bere un caffè, appena le agenzie di stampa diffondono la notizia, la sinistra radicale inorridisce come una vecchia invasata che ha perso la dentiera, tutte le altre organizzazioni sindacali frenano bruscamente rischiando un tamponamento a catena. Lo scenario è quello di una freeway californiana, intasata dall'isteria pasionaria di chi difende i "diritti dei lavoratori statali".

Quali sono questi diritti? Un passaggio del "I nullafacenti", il libro scritto da Pietro Ichino, risponde esaurientemente alla domanda. Ecco un frammento del dialogo immaginario tra un precario del settore pubblico ed un sindacalista:
"Senti, mi spieghi perché io, laureato a pieni voti con una tesi sulla riforma della pubblica amministrazione, in questa stessa amministrazione sgobbo a tempo pieno da sei anni come co. co. co., per 800 euro al mese senza tredicesima, se mi ammalo non prendo una lira e rischio che non mi rinnovino il contratto a gennaio, mentre il Fogliazzi, che non sa scrivere una frase in italiano corretto, da vent'anni sta a casa un giorno su due, quando viene "al lavoro" timbra il cartellino e se ne va per i fatti suoi, ogni estate si fa tre mesi di vacanza al suo paese, tra ferie e malattie connesse, anche se è sano come un pesce, e prende i suoi bravi 1.220 euro tredici volte all'anno?"
E' una esagerazione? No non lo è. In realtà il dipendente pubblico non ha alcun bisogno della protezione dello Statuto dei Lavoratori, che con l'articolo 18 difende dai licenziamenti ingiustificati. Il testo unico del 2001 sul pubblico impiego neanche li menziona. L'accusa di "scarso rendimento" che, se provata, nel settore privato comporta l'immediato allontanamento dall'azienda, non sfiora minimamente il dipendente statale. "In Italia chi lavora nello Stato può essere licenziato solo se è in prigione con molti anni da scontare. Da decenni non c'è stato un solo licenziamento per scarso rendimento.", scrive Ichino.

I trasferimenti? Per carità! Non esistono esigenze tecnico produttive ed organizzative che possano giustificare il trasferimento di un dipendente statale. Solo se quest'ultimo concede il suo consenso, il trasferimento è giustificato. Così assistiamo a innumerevoli episodi in cui alcuni settori dello Stato, per carenza di competenze o di organico, offrono servizi da "terzo mondo" alla collettività, mentre in altri comparti "le risorse umane" giacciono inutilizzate.

L'inadeguata preparazione dei dirigenti, sprovvisti dei poteri necessari alla gestione delle risorse, la bassa scolarizzazione, la cristallizzazione della cultura clientelare di "scuola democristiana", la collusione stessa con il sindacato... queste le cause, e non tutte.

Ma non sempre è un disastro. Nella sanità, nell'istruzione e in molti pubblici uffici, esistono sacche di efficienza. Gente che tira il carretto salvando il salvabile. Molti, tanti che fanno semplicemente il loro lavoro tutte le mattine. Ma anche gente che, affetta da un "disturbo del comportamento" che inizia a Roma e finisce a Pechino, lavorando tre o quattro volte quello che gli spetterebbe, riesce a fare cose meravigliose. "Matti da legare" osteggiati dallo zoccolo duro dei nullafacenti statalizzati.

Epifani dice basta, facciamo i seri e riformiamo l'apparato statale. Epifani è il segretario generale della Cgil ed è ben consapevole che riformare significa mettere in discussione i privilegi di quasi quattro milioni di persone. Riformare significa estendere anche al settore pubblico le regole che disciplinano i contratti di lavoro del privato.

Non si tratta solo di poter licenziare e di trasferire. Occorre un processo di reclutamento e di selezione che assicuri le giuste assunzioni. Serve un sistema premiante che mantenga alta la prestazione. E' necessario investire nella formazione dei dirigenti e dei funzionari dello Stato.

Siamo molto lontani dall'Europa. In Francia, l'Ecole Nationale d'Administration (ENA), dal 1949 assicura una provvista di funzionari di altissimo profilo. "Les enarques" sono chiamati ad una sorta di missione che generalmente li lega allo Stato per tutta la vita e che li spinge ad accettare anche un certo grado di mobilità. Di conseguenza, l'Alta Amministrazione offre alla Francia leaders politici e uomini di governo: Giscard D'Estaing, Balladur, Rocard, Juppé, Aubry, Chirac, Jospin, moltissimi provengono dai ranghi dell'ENA.

La nostra Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (SSPA) fa quello che può, ma chi esce da lì approda, al massimo, alla condizione di precario della macchina statale.

Lo ripeto, Epifani è un leader coraggioso. Si, ci vuole del coraggio per mettere in allarme quattro milioni di persone. Sono tante, nemmeno l'esercito degli Stati Uniti d'America (un milione e duecentomila, donne comprese) impiega così tante risorse.

Quattro milioni di statali (elaborazione OCSE/PUMA) e se facciamo un grossolano calcolo attribuendone uno per famiglia, fanno quattro milioni di famiglie. Se, altrettanto grossolanamente, consideriamo una media di tre componenti per nucleo familiare, fanno dodici milioni di persone coinvolte, sia direttamente che indirettamente, dalla "ristrutturazione" invocata da Epifani.

Dodici milioni su una popolazione attiva di ventitré milioni di lavoratori (dati Istat, terzo trimestre 2006). Più della metà! Non è azzardato definire il male della burocrazia come un cancro che rode dall'interno l'organismo Italia. Per curarlo, se davvero ci riusciremo, occorrerà tagliare qualche arto.

Ma se penso al parapaglia combinato dalle poche migliaia di tassisti inferociti con Bersani e le sue liberalizzazioni, provo un brivido lungo la schiena. Se penso agli insegnanti della scuola pubblica scesi in piazza solo perché Luigi Berlinguer, da ministro dell'istruzione, voleva pagare di più chi lavorava meglio, mi assale improvviso il desiderio di cambiare cittadinanza.

La politica di questo Paese è matura per affrontare un compito così arduo? Auguriamocelo, ma soprattutto sono "i nullafacenti" a doverlo auspicare. Altrimenti, per debellare il cancro ammazzeremo il malato. E allora, fine dello Stato e lunga vita al "fai da te" privato.

E i "nullafacenti" statali? Semplice... tutti precarizzati nel libero mercato.

Altri post sullo stesso argomento:
Statali e mobilità. Atto secondo
I Nullafacenti

12 commenti:

Anonimo ha detto...

Due cose mi indignano di questo articolo: Vitadidonna onlus "associazione per la tutela della salute della donna" pubblica un articolo a favore della mobilità dei pubblici dipendenti, cioè per precarizzare anche l'ultimo settore del lavoro povero in Italia. Bene, evidentemente la salute per Vitadidonna passa per la precarietà, non bastano le storie delle donne precarie, di tutte le età, che come ha bene documentato anche D, vanno a popolare la grossa fetta della povertà nel nostro Paese. Non basta l'impossibilità di costruirsi un futuro, e anche un presente, delle tante addette ai call-center, rilevatrici, sondaggiste, trimestrali laureate, operaie a tempo. Non basta la difficoltà ad essere indipendenti, autonome e l'impossibilità che inizia ad essere reale, di chiedere un divorzio. Non basta il mobbing che sulle precarie vive di presupposti ignobili e ha conseguenze nefaste. No, Vitadidonna ci vuole tutte precarie... ops "mobili e flessibili". Ma avete idea di cosa significa per la vita delle persone?? Invece di battervi per l'eliminazione della precarietà, e con essa della ricattabilità e della perdita di autostima e dell'indipendenza femminile, propagate il suo contrario! E tutto questo nonostante le massicce mobilitazioni di cui i precari hanno saputo dar prova negli ultimi tempi, dimostrando, loro, di avere più chiaro di voi quale è la vera questione sul tappeto. Siamo stufe di elemosinare il lavoro, di tacere, di non avere diritti nemmeno di ammalarci, di dover sempre ripartire da zero, di non poter fare progetti e di essere alla fine ignorate. Se questa è la vostra ricetta "innovativa" siamo freschi, è l'ottocento.

(L'altra cosa che mi indigna ovviamente è l'articolo in questione, scritto evidentemente da chi non è mai stato davvero nel pubblico... consiglio all'estensore un periodo flessibile in un posto pubblico, come ho fatto io, così vedrebbe i veri sprechi e i veri immobilismi: outsourcing (che significa pagare 10 una ditta esterna per avere quello che i dipendenti possono fare a 1 -ma il direttore della ditta paga le tangenti giuste), consulenze milionarie (idem), terziarizzazioni (come sopra), dirigenti strapagati, e mi fermo. Mauro David davvero non sa di cosa parla, non sa nemmeno che oggi i dipendenti pubblici sono già pagati in ragione ai risultati, che la mobilità c'è già, ma cosa dice... è rimasto fermo agli anni '70 probabilmente e gli piace evidentemente incarnare il nuovo corso di questa sinistra che va a braccetto con industriali e cardinali).

Anonimo ha detto...

Questo blog ospita articoli che riflettono l'opinione degli autori, così come i commenti quelle dei visitatori. Come luogo di libero e democratico scambio (a questo scopo i commenti possono essere postati in totale anonimato), le opinioni rappresentate non necessariamente sono condivise dall'Associazione.

Anonimo ha detto...

Lavoro da vent'anni e sono una dipendente statale. Non ho compreso la veemenza della signora "anonima" nel commentare l'articolo che ho riletto più volte. Personalmente desidero conservare il mio posto di lavoro, ma so che affinchè ciò avvenga, la macchina dello Stato deve subire una profonda trasformazione. Non si può ignorare che molte delle inefficienze, dipendono anche da noi che ci lavoriamo. Sarebbe umiliante raccontare i fenomeni di "nullafacentismo" a cui assisto tutti i giorni. Io ho ben presente che in futuro o lo Stato funziona o non ci sarà più Stato. La gente è stufa di pagare le tasse per avere servizi scadenti. Questo è quello che leggo in questo articolo e far finta di non capire, come sembra che faccia la signora "anonima", è un vero darsi la zappa su i piedi.

Anonimo ha detto...

Io voglio lavorare in una realtà in cui chi non fa niente venga licenziato. Per ogni nullafacente, c'è sempre qualcuno che fa il suo lavoro.
Voglio un sistema premiante equo e trasparente che motivi le persone, voglio che la formazione coinvolga tutti i dipendenti, di ogni ordine e grado. Voglio direttive chiare da capi che sappiano fare il proprio lavoro, e non ha alcuna importanza se, sotto l'insegna della "mobilità" dovrò ogni tanto lavorare in un diverso quartiere. Insomma, voglio tutto quello che nell'articolo viene auspicato.
E sinceramente non capisco "l'anonimo" commento; cosa c'entra la difficoltà delle donne a chiedere addirittura il divorzio? In realtà,l'opinione "dell'anonima" è solo una ventata di vetero femminismo della peggior specie, quello estremo, che porta solo a sterili schematismi. Lo scrivo da donna, precaria dello Stato, che assaggia ogni giorno gli effetti del liberismo berlusconiano. E peggiorerà se non si guarda lontano, come giustamente paventa l'autore dell'articolo, lo Stato finirà e, aggiungo io, ammazzato dalla cecità di ci lavora.
Saluti a tutti

Anonimo ha detto...

Ieri sera ho letto il commento "dell'anomima" signora. Ho resistito a dire la mia a caldo. Calmati, mi sono detto. Ora sono calmo e ho riletto l'articolo di David, il commento "dell'anonima" e i commenti che precedono il mio. Bene, credo che l'anonima non abbia letto fino in fondo l'articolo, ma che alla parola "mobilità" abbia imbracciato il mitragliatore ed abbia cominciato a sparare nel mucchio. E' ovvio che David non si riferisce ai precari (cosa gli vuoi fare di più per maltrattarli?). E' ovvio che qui si parla di dipendenti a contratto indeterminato, ma essenzialmente l'argomento trattato è quello della sopravvivenza dello Stato. Cominciano a diventare troppi quelli disposti a pagare la scuola privata per i figli e la polizza sanitaria. E questi già spingono (anche nelle cabine elettorali) verso l'eliminazione di una amministrazione statale divoratrice di denaro pubblico. Evidentemente l'anonima non l'ha capito. Altrimenti, quella confusa marmellata di sentimenti vetero femministi non l'avrebbe partorita. Mancava solo che invocasse il ritorno delle baby pensioni. Certo, il problema a cui accenna, quello della precarietà femminile, la mancanza di pari opportunità ecc, esiste, eccome! Ma, lo sfogo è desisamente fuori tema, totalmente decontestualizzato. Qui si parla dello Stato e del suo funzionamento. E chi a sinistra tenta di mantenerlo vivo, è circondato dalle forze "liberiste" che ne vorrebbero la morte, e quelle della solita sinistra radicale, che con le sue infelici boutade, ne accellerano il processo di estinzione.
Infine, voglio aggiungere due parole sull'ingeneroso attacco a Vita di donna. Non conosco personalmente nessuno dell'associazione, ma le conosco (credo che siano tutte donne) per l'aiuto ricevuto da me e mia moglie in occasione della nascita della nostra bambina. E parlo di aiuto gratuito e disinteressato. L'Anonima dovrebbe mirare prima di sparare, se c'è qualcuno che non sa è proprio lei. Se avesse gironzolato un pò sul blog avrebbe scoperto, leggendo altri articoli di Mauro David (che non so chi sia), che di tutto lo si può accusare, tranne di "andare a braccetto con i cardinali".
Colgo l'occasione per ringraziare, chi dell'Associazione, ha risposto con pazienza ai numerosi quesiti posti per e-mail. Grazie di cuore.
Un saluto a tutti i lettori, anche all'Anonima, che a mio avviso dovrebbe scusarsi.
F. Pandolfi - Milano

Anonimo ha detto...

Cosa aspetta "l'Anonima" a chiedere scusa?

Associazione Vita di Donna ha detto...

Cara Anonima,
è assolutamente vero che il precariato fa malissimo, tanto che lei si è sentita chiamata in causa confondendo la mobilità con la precarietà.
Come ha scritto chi ci conosce meglio, non siamo ovviamente a favore del precariato, ma difendiamo lo Stato come patto fra donne e uomini liberi contro la merce come unico valore.

Questo ovviamente non può comprendere la possibilità per il dipendente statale (impiegato o dirigente che sia) di considerare lo Stato una sua proprietà feudale, dove fare il bello e il cattivo tempo, a scapito dei cittadini, "contribuenti" e "nullatenti" che per motivi opposti ma ugualmente validi,hanno diritto a ricevere delle prestazioni che hanno, nel caso dei primi già pagato.

Difendere dei privilegi feudali che danneggiano la collettività non ha niente a che vedere con la sinistra, che, per quello che la intendo io, è una forza di modernizzazione, è forza di libertà e di rispetto di ogni persona.

L'inefficienza di parte dei dipendenti Statali è l'eredità di una burocrazia di marca fascista, a sua volta erede di arretratezze mai risolte in questo nostro paese, crocevia di contraddizioni fra valori limpidissimi (penso a Giovanni Falcone, a Peppino Impastato, a numerosi altri) e impreparazione, malcostume e delinquenza cronica.

Gli altri, quelli che lavorano nello Stato, che lo sentono come cosa propria, che lottano perchè i precari siano resi stabili, perchè la Sanità, la Scuola, i Trasporti, non perdano la loro libertà, lo sanno.
Sanno che l'unico modo per difendere lo Stato è farlo funzionare, anche con il sacrificio personale, e che questa, è, al giorno d'oggi, la Resistenza che ci tocca, l'eredità che possiamo lasciare ai nostri figli che ci guardano, stupiti che il nostro faticare non renda denaro, l'unico valore visibile e riconoscibile.

Per chiudere lanci un concorso. Chi conosce più frasi che bloccano il lavoro nello Stato? Noi una volta ne abbiamo fatto un piccolo elenco, ma sono sicura che ce ne sono altre.

"Voglio un pezzo di carta scritto" "Facciamo una commissione che stenda una relazione, prima di procedere"
"fotografiamo prima l'esistente"
"Cerchiamo di non prendere decisioni affrettate"

E, diretto a chi lavora:
"Ma che ti danno la medaglia?"
"Vogliono fare le nozze con i fichi secchi, qui se non mettono la gente.."
"Ma cell'hai una casa ? "
"Quando ci sei tu c'è sempre casino..."
Io aspetto il resto

Elisabetta Canitano
Presidente di Vita di Donna Onlus

Unknown ha detto...

"Riformare la burocrazia: mobilità anche per gli statali". A seguire leggo "I trasferimenti? Per Carità", e poi "i dirigenti non hanno i poteri necessari alla gestione delle risorse", "Occorrerà tagliare qualche arto", quindi si parla di "collusione con il sindacato" quasi sinonimo di colpa. Mi spiace ma quello dell'articolo non è un linguaggio che mi appartiene. Da vecchio sindacalista conosco e interpreto la frase di Epifani per quello che dice non per quello che si suggerisce dica (valga la lettura integrale dell'intervista a repubblica); Epifani nella citata intervista parla di "mobilità interna" mentre gli si vorrebbe far dire quello che si afferma perentoriamente nel corpo centrale dell'articolo "Non si tratta solo di poter licenziare e di trasferire". Mi spiace ma questa è scorrettezza, Epifani non ha parlato di licenziamenti ma di mobilità tra settori statali (non di mobilità aziendale dovuta ad esuberi) quindi non ha voluto mettere in allarme come si dice quattro milioni di persone (che per induzione implicita sembrano l'esercito dei nullafacenti, perché dovrebbero preoccuparsi altrimenti tutti gli statali?). Riporto il testo alla fine. Infine gli statali non sono dodici milioni su una popolazione attiva di 23, questo errore materiale (si mettono tra le forze di lavoro anche le relative famiglie) sconfessa ulteriormente questo pessimo articolo.
La soluzione non è nella condivisione di un male già peraltro condiviso (la precarietà) ma in un ottica di rinnovamento e ottimizzazione delle risorse; ed è questo che dice Epifani nell'intervista ove condanna anche l'uso della mobilità nelle grandi aziende e per i cinquantenni. Così come si afferma che gli statali sono, in Italia, meno della media europea. Suggerirei di leggere le interviste e non le agenzie che riportavano "Epifani:Mobilità anche per gli statali" perché così non si fa buon giornalismo.
Infine bisogna ricordare che l'Italia è 5 punti al di sotto della media Europea nella spesa per lo stato sociale e recentemente è stata superata finanche dalla Gran Bretagna. Insomma il problema dei 10 miliardi di euro di buco della sanità in Lazio non dipendono dal fatto che i portantini fumano nelle pause di lavoro ma dal saccheggio immagino penalmente rilevante delle casse pubbliche. Stiamo attenti e attente alle priorità e ragioniamo conti alla mano e non per istinto.

Giancarlo
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Epifani a repubblica
[...]
«Non è vero che in Italia ci sia un eccesso di dipendenti pubblici. Anzi ne abbiamo meno degli altri grandi paesi europei. Nella pubblica amministrazione abbiamo attività e servizi in cui c´è un eccesso di manodopera e altri in cui accade il contrario. Il punto è la qualità del servizio. Ma insomma, le sembra logico che in un settore delicato come quello degli asili il personale sia tutto precario, o che ci sia una carenza di infermieri negli ospedali o nei pronto soccorso? Forse un eccesso di personale potrebbe esserci tra i ministeriali».
Che andrebbero spostati in altri uffici, o no?
«Bisogna avere a disposizione tre strumenti: la mobilità, gli investimenti in formazione e la fine della precarietà».
La mobilità anche territoriale, da una regione a un´altra?
«Si deve avere il coraggio di affrontare la mobilità territoriale con politiche di incentivazione. D´altra parte è difficile non vedere che la carenza di personale è concentrata nelle aree settentrionali. Ma anche per questo chiedo al governo di aprire un confronto su questi temi insieme ai Comuni e alle Regioni».
[...]

Anonimo ha detto...

Ho letto con interesse la discussione che si sta dipanando in questo Blog innanzitutto vorrei ricordare che il Blog per sua struttura è una spazio libero , un Forum nel quale gli scriventi hanno la possibilità di esprimere le proprie opinioni sia Mauro David sia la " anonima " signora, per cui non scaldiamoci questa è la natura stessa del Blog , i partecipanti bloggers, se non sono d'accordo , possono e devono intervenire portando un punto di vista anche diverso, ma mai offensivo. Detto questo apprezzo molto i chiarimenti del Sig. Giancarlo, sono d'accordo che non si debbano fare genereralizzazioni non accurate indicando tutti gli statali come nullafacenti, ma è comunque sotto gli occhi di tutti che il servizio nel nostro paese, sia nei ministeri che nella sanità,ma anche ad esempio nelle banche sia ben al disotto del servizio di altri paesi Europei, è un fatto innegabile. Ho modo di confrontami quotidianamente con i miei colleghi di altri paesi lavorando in una grande multinazionale , coloro che si sono trasferiti in Italia sono rimasti molto delusi dalla qualità del servizio dei nostri uffici pubblici, ospedali ed enti, dalla difficoltà di districarsi in un marasma di regole che sono sempre ad hoc. Io credo che ci sia bisogno nel nostro paese di una grande riforma che sia soprattutto una riforma psicologica tesa a ridare SERIETA' e rigore a questo paese, tesa a far considerare il bene paese come un proprio bene . Solo così saremo in grado di migliorare come hanno fatto altri paesi Europei primo tra tutti la Spagna , che ci somiglia culturalmente, ma che è riuscita con impegno e serietà a raggiungere notevole sviluppo economico...Discutiamo piuttosto di come accellerare i cambiamenti piuttosto che di tagli e mobilità.

Anonimo ha detto...

Per motivi di eccessiva lunghezza della pagina, aggiungo il mio commento in un nuovo post dal titolo: Statali e mobilità. Atto secondo.
Grazie per gli interventi

Anonimo ha detto...

io credo che il dibattito sia molto interessante ma molto difficile da sciogliere.. non ricordo i nomi dei post..ma sono d'accordo con la dipendente statale umile che ha vergogne di raccontare quello che succede nel suo luogo di lavoro pubblico..
io sono una dipendente della coop.."mi viene da dire quasi una statale confronto a quelle che lavorano da auchan"..ma vi posso assicurare che quando entrano per fare la spesa quelle del ministero delle entrate..(le due sedi sono attaccate!!)le frusterei a sangue..
poi naturalmente e' ingiusto catalocare tutti gli statali in dei nullafacenti.. ma qui mi sambra si chiedano solo delle verifiche sul lavoro.. nessuno vuole precarizzare nessuno.. anzi forse facendo delle verifiche si potrebbero licenziare delle vere bestie e assumere persone giovani,spigliate e con una minima voglia di lavorare!!! e capaci anche di fare la fila alla cassa!!! buonaserata!!!
mi

Anonimo ha detto...

E basta con questa storia degli statali! Quando ha fatto comodo ai politici di destra, sinistra e centro, non si badava ad imbucare personale perchè significavano voti sicuri. Ora che, improvvisamente, il dipendente pubblico è diventato inutile, si sfoderano mille argomenti per parlarne male, dimenticando che la nostra elefantiaca burocrazia (di sovietica memoria) ha prodotto malcostume in tutti i settori, grazie a chi ha sempre tollerato ed incoraggiato certi comportamenti e che hanno arricchito molti di coloro che oggi siedono negli scranni parlamentari. E adesso dovrebbe pagare solo il personale ? La giustizia dev'essere uguale per tutti !

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