05 gennaio 2007

I NULLAFACENTI

A cura di Mauro David
Perché e come reagire alla più grave ingiustizia della nostra amministrazione pubblica


"Mentre si nega per ragioni di bilancio un trattamento decente a centinaia di migliaia di giovani precari che lavorano per lo Stato in un regime di vero e proprio apartheid, perché nessuno propone di incominciare a tagliare l'odiosa rendita parassitaria dei nullafacenti?"

«Perché, mentre si discute di tagli dolorosi alla spesa pubblica per risanare i conti dello Stato, nessuno propone di cominciare a tagliare l'odiosa rendita parassitaria dei nullafacenti?»

Il 24 agosto 2006, dalle colonne del «Corriere della Sera», Pietro Ichino lancia una proposta che scuote il mondo politico e sindacale. Chiave di volta del progetto è l'istituzione di organi indipendenti di valutazione (OIV) capaci di stimare l'efficienza degli uffici pubblici e dei loro addetti, per consentire il licenziamento nei casi più gravi, ma anche l'aumento delle retribuzioni dei dipendenti che lavorano per due.

Fin dal primo giorno il «Corriere» è sommerso da un fiume di mail, in grande maggioranza favorevoli alla proposta. I sindacati del settore pubblico esprimono indignazione per «l'attacco inaudito» portato alla categoria. Prodi apre; il ministro della Funzione pubblica frena; la sinistra radicale spara ad alzo zero.

L'«International Herald Tribune» dedica al dibattito italiano sui loafers (nullafacenti) un lungo articolo. La polemica divampa: è stato toccato un nervo da troppo tempo scoperto. Intanto, al forum del «Corriere» arrivano in un giorno e mezzo 1500 interventi, tra cui molte istantanee di nullafacenti ritratti dal vivo: dall'impiegata che timbra il cartellino e poi va dal parrucchiere, al funzionario sano come un pesce che usa «prendersi la malattia» tutte le volte che torna al paese, al professore semianalfabeta.

In questo libro Pietro Ichino, oltre a spiegare la sua proposta, affinata in collaborazione con altri studiosi, raccoglie una piccola antologia di quegli interventi. E, a chi gli obietta che per il risanamento della pubblica amministrazione occorre «ben altro», risponde sfidandolo a dire in che cosa precisamente quel «ben altro» consista: altrimenti - avverte - questo è solo un pretesto dietro cui si nasconde la scelta di lasciare le cose come stanno.

Notizie sull'autore
Pietro Ichino è stato dirigente sindacale della Fiom-Cgil, responsabile del Coordinamento servizi legali della Camera del Lavoro di Milano, deputato nel Parlamento italiano per il Pci. Professore di Diritto del Lavoro alla Statale di Milano, editorialista del "Corriere della Sera". Autore di diversi libri in materia di lavoro.

I NULLAFACENTI - Mondadori - Collana Frecce - 12,00 euro

Atri post sull'argomento:
Riformare la burocrazia: mobilità per gli statali
Statali e mobilità. Atto secondo

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Interessante... Premesso che non sono un dipendente pubblico ma un precario di cui sopra, devo dire che questo qualunquismo di sinistra che nasconde una politica economica di destra è particolarmente irritante. Si dice premiare i meritevoli, ma sapete come funziona la pubblica amministrazione? Sapete che le nomine sono politiche? Sapete che la situazione reale del mondo del lavoro, per i lavoratori di bassa qualifica è cambiata rispetto agli anni ottanta? Ma questi vecchi professori, professionisti del nonlavorismo salgono sull'ennesima cattedra per denunciare il non lavoro altrui. Ripeto, interessante. Come sono interessanti le 150.000 consulenze in alcuni casi milionarie che un potere politico vieppiù corrotto usa come tangenti legalizzate scialacquando ciò che rimane delle risorse pubbliche dopo la privatizzazione liberista dello stato. Interessante come il manager ospedaliero (istituito con una ondata d'indignazione simile 'per far lavorare tutti') che gira in ferrari lasciando l'ospedale in rovina. Il punto mi sembra un altro, un ceto politico che si interpreta come nobiliare e rimprovera al popolino il furto di parrucchiera o l'ignoranza di cattedra. Il terzo stato ha già prodotto, è già bistrattato, vive in periferie anonime e va in pensione sempre più tardi, inizia a lavorare da giovane in semischiavitù e viene sostituito da macchine in vecchiaia; non si confondano le acque, il pesce puzza dalla testa. Senza una rivoluzione sociale questo paese marcirà. Non è una questione di governo, è una questione sociale.

Anonimo ha detto...

Chi valuta il nullafacente Professor Ichino? Sostenendo la sua tesi misuro le incognite e Le domando. Se Il nullafacente, disponesse dei mezzi di salvaguardia esistenti nel nostro Paese da illore tempo e il produttivo,
viceversa, venisse non considerato perché seccante (in ragione del fatto che spesso lo diventa perché rende "mi creda")non compiremo due gravi errori?
Nel primo caso ravviseremmo il nullafacente al solito posto ed ancor più arrogante, viceversa per sorte irrazionale, il secondo o licenziato oppure avviato alla mobilità. Questo procedimento in ogni caso poco gradito non
determinerebbe la soluzione ma accrescerebbe un'ingiustizia già latente.
Cordialità

Il dubbio è uno dei nomi dell'intelligenza !

Anonimo ha detto...

Dunque: Se ho 10 persone in piazza e tre le assume lo Stato il valore aggiunto delle rimanenti e' x Se invece ne assume 6 e' 2x quindi anche se non facessero nulla farebbero aumentare il valore aggiunto di chi non e' assunto nello stato.
Punto secondo : cosa devono fare gli assunti ? Su questo si puo' discutere per millenni ... ricordate qualcuno scriveva "il lavoro rende liberi" se non esistesse una "riserva di spinta" ah be' di cose stupide ma efficienti se ne possono trovare a migliaia, cosi' sarebbero contenti quelli del "ah ... adesso si che lavorano ...." Spesso i nullafacenti sono effetto di percorsi di inclusione sociale di lunga durata ... Spesso di disfunzioni organizzative ... spesso di mobbing ..... ecc ecc... se poi mi si dice che esistono settori che cose stupide non fanno e che se fossero piu' efficienti sarebbe meglio allora tutto cambia...
Ci sono settori in cui e' meglio che la carriera sia per anzianita' e altri dove e' meglio che sia per competizione sfrenata stile libero mercato , anche se in un corollario di diritti garantiti.
Insomma la questione e' complessa, se poi tutti pensassimo che il fine ultimo dovrebbe essere un sorriso di un uomo, il sonno del giusto ecc.. allora forse certi parossismi verrebbero evitati, allora forse arriveremo alla vera rivoluzione la flessibilita' Nel lavoro durante la vita e non la flessibilita' DEL lavoro ....
meditate meditate

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