01 marzo 2008

Non lascio mai da sola chi abortisce

INTERVISTA AD ELISABETTA CANITANO

Medico della Asl Rm D è responsabile del centro prevenzione tumori. Ginecologa, sessuologa, 52 anni. Dal 1981 ad oggi ha sempre lavorato in strutture pubbliche. Attualmente si occupa del Consultorio familiare di Ostia, lavora al "Servizio Legge 194/78", ospedale Grassi, ed è presidente dell'associazione "Vita di donna", presso la Casa Internazionale delle Donne.

Dottoressa Canitano, lei pratica aborti da 27 anni. Cosa l'ha spinta in tutti questi anni ad andare avanti?

Molte cose. Sono un medico del Servizio sanitario nazionale e la 194 è una legge dello Stato. E dove c'è una legge bisogna farla rispettare, applicarla. Negli anni Settanta ho combattuto, assieme a tante altre persone, affinchè le donne potessero interrompere una gravidanza senza rischi per la salute: pensavamo fosse giusto tutelare la nostra salute, quella di tutte, e puntavamo alla riduzione del danno.

La questione di oggi è molto diversa da allora...

Per un verso è vero, per un altro non lo è affatto.

Cosa intende dire?

Alcuni si dimenticano che l'aborto è sempre esistito ed esisterà sempre: la differenza è che oggi una donna che decide di fare una interruzione di gravidanza - italiana, extracomunitaria, o straniera che sia - può farlo in ospedale, senza rischiare la vita e senza pagare migliaia di euro.

Un tempo, sino all'approvazione della 194, ci si rivolgeva a medici che lo facevano per molti soldi clandestinamente, oppure alle "mammane". L'interruzione di gravidanza era una delle prime cause di morte: sino al 1978 era reato abortire, e sia il medico (o chi l'aveva aiutata ad abortire) che la donna, rischiavano cinque anni di carcere. Per questo motivo, anche se si sentivano male, se c'era in atto un'emorragia, non andavano in ospedale, per paura del carcere.

Il suo "andare avanti" è un modo per sancire un diritto?

Certo. Mi sento dire da altri colleghi di non "mollare", ma è difficile a volte andare avanti anche per chi come me lo fa da così tanti anni. A volte ti pesa tutto: quello che hai fatto e quello che farai. Altre invece, grazie ai racconti delle pazienti, capisci di averle aiutate.

Se rinunciassi cosa ne sarebbe di loro? E io non smetto perchè mi dico: e chi le aiuta poi?

Ne fa anche una questione di principio quindi?

Abortire è un dolore per tutti. Per chi decide di farlo, per il medico che lo pratica. Ma nella maggior parte dei casi che si presentano, almeno per quanto riguarda la mia esperienza, è l'unica cosa possibile. Le cause che portano una donna a decidere di interrompere volontariamente una gravidanza non sono mai superficiali. Lavoro molti anni nella Asl di Ostia (quartiere romano che affaccia sul mare, tra i più grandi e popolosi della Capitale, ndr), lì faccio prevenzione tumorale di secondo livello, e per gli aborti seguo le donne in ogni fase: dalla decisione all'intervento.

Ne parliamo e riparliamo, cerchiamo di capire insieme. Mi creda: non è mai una decisione presa con leggerezza, neanche dalle ragazzine.

Lei prosegue a fare aborti nonostante sia presidente di un'associazione che tutela la salute delle donne ed è specializzata in sessuologia. Perchè lo fa? Perchè ci sono pochi medici disposti a farlo?

Guardi che anche trenta anni fa era difficile trovare dei ginecologi che li facessero. Io sono stata assunta proprio per fare interruzioni di gravidanza . Fui presa con quel "compito" ma il primario con il quale lavoravo era bravo, capì che era impossibile lasciare dei giovani medici relegati in un angolo e per di più a praticare solo aborti. Sarebbe stato troppo duro per la nostra psiche; non credo che avrei proseguito a fare questo lavoro se avessi praticato interruzioni su interruzioni senza capirne la ragione, senza capire perchè le donne rinunciavano a diventare madri.

E oggi?

Lo faccio perchè credo ancora nello Stato laico.

Quanti ne pratica?

Circa dieci a settimana, un tempo erano molti di più. Il numero degli aborti in trent'anni è calato drasticamente, questo non si dice mai; come spesso, facciamo finta di non sapere che su meo di 140mila interruzioni volontarie praticate ogni anno in Italia, due terzi sono italiane e un terzo straniere.

Crede che la 194 sia da "rivedere"?

Al momento no. E' una buona legge, perchè tutela le donne più deboli: le più povere, le meno alfabetizzate, le giovanissime, sono loro a ricorrere maggiormente all'aborto.

Neanche dopo l'arrivo negli ospedali della Ru486, la pillola abortiva?

Chissà. La Ru486 potrebbe accorciare i tempi entro i quali è possibile abortire. E questa potrebbe essere una cosa buona per le donne, per sentire meno il peso morale e psicologico.

di Anna Rita Cillis, "Salute" di Repubblica, 31 gennaio 2008

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