Lettera aperta di Olga, una ragazza disabile: “La nostra vita, mio caro Ferrara, è amara”
(Roma) ”Io vorrei scrivere a Ferrara, ma siccome non so come raggiungerlo e non credo che lui abbia tempo per aprire la mia mail, scrivo a voi sperando che dalle vostre pagine video il messaggio arrivi prima, forte e chiaro”.
Con queste parole si apre la lettera aperta, pubblicata sulla home page del sito “Affari italiani”, di Olga Andreoli, una ragazza diversamente abile, che sente – assieme a suo padre – di voler dire la sua sull’aborto, sulla disabilità e sulla qualità della vita di chi, come lei, si trova a vivere un’esistenza minata. In riferimento al caso di Napoli, a Silvana, scrive:
"Il nascituro era affetto dalla sindrome Klinefelter che ha un quadro clinico complesso ma certamente non tragico come molte malattie genetiche; comunque spesso associata a disturbi caratteriali con livello intellettivo di regola inferiore al normale. Io sono un'esperta in materia un po' perché, come dice mio padre e tutti quelli che mi conoscono, caratterialmente sono tanto rompicoglioni ma soprattutto perché, a causa di un parto andato male, ho avuto una paralisi cerebrale che risulta in un livello intellettivo al di sotto delle mie aspettative.
Non che io sia proprio ‘tonta’ ma insomma non riesco a gestire contemporaneamente molte variabili quando devo articolare un discorso o un ragionamento. Sono una persona semplice che capisce l'essenziale. Da esperta posso assicurare a Ferrara che persone con handicap, al di là dell'esistenza di strutture assistenziali, sono sole, sono umanamente sole, non hanno con chi compartire la propria esistenza malandata”.
E proprio in risposta a Ferrara, alla sua convinzione che una donna abortisce solo perché non incontra sulla sua strada “procedure, strutture e persone in grado di spiegarle bene che non è sola, che la comunità si associa a lei per ascoltarla, aiutarla a superare il suo rifiuto di maternità con argomenti solidali di tipo scientifico, assistenziale e psicologico”, in risposta a tutte le certezze cieche, e proprio perché tali sciocche, di chi parla senza conoscere realmente e a fondo il problema, Olga sente di dover parlare. Di dover raccontare.
“Noi, handicappati italiani, siamo fortunati perché gli italiani sono brava gente e in molti batte un cuore caldo: siamo il paese più solidale al mondo e sono milioni le persone che fanno volontariato partendo dalle più varie motivazioni”, eppure - spiega - neanche il migliore tra i volontari “riuscirà mai a raggiungere con noi la prossimità dell'amore che quello vero è senza motivo.
La nostra vita, per farla breve Ferrara mio caro, è amara. E soli sono i nostri genitori ed amara è la loro vita: il rifiuto della maternità di quella signora è più che comprensibile”.
Questa lettera non può lasciare indifferenti, ed è tanto più nitida e incontrovertibile, quanto più è lontana dal vuoto parlare che si è fatto in questi giorni sul tema dell’aborto. Di questo avviso anche Angelo Fasani, presidente di Anffas Milano (Associazione Famiglie di Disabili Intellettivi e Relazionali), secondo il quale, però, gioca un ruolo fondamentale l’intero sistema mediatico, che deve recuperare la sua funzione informativa, anziché alimentare sterilmente la polemica.
Anche il concetto di normalità incontra una certa resistenza nella riflessione di Fasano, preoccupato di cadere nella cattiva equazione normalità = perfezione. “Per normalità - spiega - non s'intende lo stereotipo della persona perfetta, ma la normalità di chi può vivere bene una vita sia pure in presenza di certi limiti”, limiti con i quali solo a volte è dato convivere con umana dignità.
La libertà di scelta, dunque, è un valore inalienabile da difendere in modo assoluto, ma libertà significa anche essere in condizione di decidere con consapevolezza, e alla luce di una reale ed onesta informazione. Nell'inseguire un dibattito superficiale, invece, i media non sanno più fornire indicazioni “che consentano di affrontare le situazioni, di decidere con cognizione di causa". Maggiore informazione, dunque, chiede Fasano.
E maggiore responsabilità nell’affrontare temi sensibili del vivere civile, che ci riguardano tutti, e che meritano il meglio della nostra attenzione. Parlare senza cognizione, senza mettere se stessi in discussione, senza incontrare “l’altro”, è sempre, comunque, sterile. Perciò, dice Olga, Giuliano Ferrara “non può veramente aprir bocca sulla scelta della signora di abortire, perché non sa di cosa sta parlando”.
E provoca: Se volesse imparare per poter parlare con cognizione di causa, potrebbe prendermi in affido temporaneo, farmi vivere con lui, insegnarmi il mestiere di giornalista (a me piace molto scrivere), darmi da mangiare; insomma avermi sul gobbo per un paio d'anni almeno. Alla fine credo che diventerà così competente che senza dubbio potrà riuscire un ottimo ministro della sanità, un carismatico ed intelligente membro della comunità che si associa alle persone che vivono nel dolore e parla anche in loro nome. Per il momento però stia zitto”.
Maria Cristina Giovannini
Delt@
Con queste parole si apre la lettera aperta, pubblicata sulla home page del sito “Affari italiani”, di Olga Andreoli, una ragazza diversamente abile, che sente – assieme a suo padre – di voler dire la sua sull’aborto, sulla disabilità e sulla qualità della vita di chi, come lei, si trova a vivere un’esistenza minata. In riferimento al caso di Napoli, a Silvana, scrive:
"Il nascituro era affetto dalla sindrome Klinefelter che ha un quadro clinico complesso ma certamente non tragico come molte malattie genetiche; comunque spesso associata a disturbi caratteriali con livello intellettivo di regola inferiore al normale. Io sono un'esperta in materia un po' perché, come dice mio padre e tutti quelli che mi conoscono, caratterialmente sono tanto rompicoglioni ma soprattutto perché, a causa di un parto andato male, ho avuto una paralisi cerebrale che risulta in un livello intellettivo al di sotto delle mie aspettative.
Non che io sia proprio ‘tonta’ ma insomma non riesco a gestire contemporaneamente molte variabili quando devo articolare un discorso o un ragionamento. Sono una persona semplice che capisce l'essenziale. Da esperta posso assicurare a Ferrara che persone con handicap, al di là dell'esistenza di strutture assistenziali, sono sole, sono umanamente sole, non hanno con chi compartire la propria esistenza malandata”.
E proprio in risposta a Ferrara, alla sua convinzione che una donna abortisce solo perché non incontra sulla sua strada “procedure, strutture e persone in grado di spiegarle bene che non è sola, che la comunità si associa a lei per ascoltarla, aiutarla a superare il suo rifiuto di maternità con argomenti solidali di tipo scientifico, assistenziale e psicologico”, in risposta a tutte le certezze cieche, e proprio perché tali sciocche, di chi parla senza conoscere realmente e a fondo il problema, Olga sente di dover parlare. Di dover raccontare.
“Noi, handicappati italiani, siamo fortunati perché gli italiani sono brava gente e in molti batte un cuore caldo: siamo il paese più solidale al mondo e sono milioni le persone che fanno volontariato partendo dalle più varie motivazioni”, eppure - spiega - neanche il migliore tra i volontari “riuscirà mai a raggiungere con noi la prossimità dell'amore che quello vero è senza motivo.
La nostra vita, per farla breve Ferrara mio caro, è amara. E soli sono i nostri genitori ed amara è la loro vita: il rifiuto della maternità di quella signora è più che comprensibile”.
Questa lettera non può lasciare indifferenti, ed è tanto più nitida e incontrovertibile, quanto più è lontana dal vuoto parlare che si è fatto in questi giorni sul tema dell’aborto. Di questo avviso anche Angelo Fasani, presidente di Anffas Milano (Associazione Famiglie di Disabili Intellettivi e Relazionali), secondo il quale, però, gioca un ruolo fondamentale l’intero sistema mediatico, che deve recuperare la sua funzione informativa, anziché alimentare sterilmente la polemica.
Anche il concetto di normalità incontra una certa resistenza nella riflessione di Fasano, preoccupato di cadere nella cattiva equazione normalità = perfezione. “Per normalità - spiega - non s'intende lo stereotipo della persona perfetta, ma la normalità di chi può vivere bene una vita sia pure in presenza di certi limiti”, limiti con i quali solo a volte è dato convivere con umana dignità.
La libertà di scelta, dunque, è un valore inalienabile da difendere in modo assoluto, ma libertà significa anche essere in condizione di decidere con consapevolezza, e alla luce di una reale ed onesta informazione. Nell'inseguire un dibattito superficiale, invece, i media non sanno più fornire indicazioni “che consentano di affrontare le situazioni, di decidere con cognizione di causa". Maggiore informazione, dunque, chiede Fasano.
E maggiore responsabilità nell’affrontare temi sensibili del vivere civile, che ci riguardano tutti, e che meritano il meglio della nostra attenzione. Parlare senza cognizione, senza mettere se stessi in discussione, senza incontrare “l’altro”, è sempre, comunque, sterile. Perciò, dice Olga, Giuliano Ferrara “non può veramente aprir bocca sulla scelta della signora di abortire, perché non sa di cosa sta parlando”.
E provoca: Se volesse imparare per poter parlare con cognizione di causa, potrebbe prendermi in affido temporaneo, farmi vivere con lui, insegnarmi il mestiere di giornalista (a me piace molto scrivere), darmi da mangiare; insomma avermi sul gobbo per un paio d'anni almeno. Alla fine credo che diventerà così competente che senza dubbio potrà riuscire un ottimo ministro della sanità, un carismatico ed intelligente membro della comunità che si associa alle persone che vivono nel dolore e parla anche in loro nome. Per il momento però stia zitto”.
Maria Cristina Giovannini
Delt@
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