La questione cattolica italiana
di Mauro David
Dopo l’ingresso dei Radicali, la senatrice teodem Paola Binetti agita il dibattito politico all’interno del PD. Apre così una conflittualità interna che danneggia l’immagine di unità, cosa che sta a cuore non solo a Veltroni, ma anche agli italiani stanchi della rissosità improduttiva.
Nel versante opposto, Berlusconi si dichiara a favore della moratoria contro l’interruzione di gravidanza, ma dimentica l’aborto terapeutico praticato dalla moglie e rivelato dall’interessata in un’intervista al Corriere della Sera. Pier Ferdinando Casini, strenuo difensore della famiglia, si dichiara contrario alle coppie di fatto; va al Family Day, ma divorzia e si sposa di nuovo con rito civile.
Questi sono i comportamenti di alcuni dei nostri uomini più rappresentativi, quelli che da anni occupano la scena politica e che gli italiani continuano ad eleggere, quelli che esprimono la sintesi del pensiero e dell’orientamento morale del Paese.
L’Italia è un Paese cattolico? Le chiese sono poco frequentate, il confessionale non è più uno strumento di controllo, le sacre scritture sono quotidianamente trascurate, le vocazioni si sono ridotte a tal punto da creare un serio problema di turnover nelle gerarchie clericali.
L’esistenza degli italiani non è ispirata agli insegnamenti della Chiesa e la questione va al di là del mero principio di laicità dello Stato. E’ necessario prendere atto che il popolo italiano vive, agisce e riflette da materialista e da laico.
Il morboso e insulso attacco alla legge 194, che ciclicamente gli antiabortisti rinnovano, ne è la prova evidente. E’ doveroso che gli autori di queste offensive si rimettano alla determinazione dei cittadini. La legge che regola l’aborto in Italia è frutto di un passaggio democratico, di una volontà popolare espressa con un referendum. Qualunque tentativo di modifica dovrà sottostare allo stesso iter legislativo; una revisione consumata a colpi di maggioranza rappresenterebbe un vilipendio al comune, pratico e condiviso senso della vita degli italiani di oggi.
Con la loro ostinazione gli antiabortisti rivelano la sconfitta morale e politica. Non propongono una consultazione popolare perché verrebbero sbaragliati. Non sono solo i sondaggi a sostenerlo, ma è anche il buon senso che deriva dalla onesta osservazione della società. E allora privilegiano la manipolazione della realtà; premono, non solo sulle coscienze degli italiani, ma anche sulla fragilità dei politici alla ricerca di facile consenso; perseguono con determinazione quella che sarebbe una nefandezza antidemocratica.
Pur di ottenere un decreto legge che scardini la 194, utilizzano una propaganda opprimente e violenta ricorrendo alle immagini truculente di campi di sterminio o di olocausti consumati tra l’indifferenza generale. I siti cattolici tracimano di fotografie di feti abortiti; icone raccapriccianti, strumenti pedagogici di una rozzezza morbosa e di un gusto da oscuro medioevo.
Nel tentativo di mettere i bastoni tra le ruote all’applicazione della legge 194, sparuti manipoli di ardenti cattolici premono alle porte dei servizi d’interruzione di gravidanza della sanità nazionale; qualcuno di loro viene addirittura preso a schiaffi. Giuliano Ferrara, ex comunista ed ex informatore della Cia, “nè ateo nè’ devoto”, si presenta come candidato premier della lista Pro-life. Lancia la moratoria sull’aborto, ponendo sullo stesso piano i boia d’America e le donne che, decidendo di abortire, compiono un crimine contro l’umanità.
Il Vaticano, non solo entra nelle mutande degli italiani vietando la contraccezione, ma detta l’agenda politica delle istituzioni contribuendo, alla bisogna, anche alla caduta di un governo. Tutto viene stravolto e ricondotto a tappe forzate verso l’anacronistica visione cattolica sul valore della vita. Lo sventurato embrione diviene l’ultima trincea difensiva di posizioni scientificamente infondate e politicamente irragionevoli; uno strumento insostituibile per imporre la volontà delle gerarchie ecclesiastiche che “legiferano” sull’utilizzo delle cellule staminali e sulla procreazione assistita. Tutto ciò accade, ma il laico e materialista cittadino italiano auspica che la ricerca scientifica, quella che curerà il suo tumore, sia portata comunque avanti negli altri paesi senza cattoliche limitazioni e, mentre milioni di embrioni rimangono inutilizzati nei congelatori, le coppie vanno in Spagna per praticare l’inseminazione artificiale in tutta serenità.
No, l’Italia non è cattolica. Nuovi protagonisti, portatori di un moderno umanesimo materialista, entrano a pieno titolo nella società civile: le nuove generazioni di giovani, estranee al comunismo e caratterizzate da un candido ateismo; le donne affrancate dalle soffocanti tradizioni catto-maschiliste; gli omosessuali che combattono con sacrosanto diritto l’omofobia stagnante della Chiesa e dei ceti più retrivi; gli immigrati, messaggeri di altre culture e orientamenti morali. No, quella cattolica non è l’unica morale ed il progresso dell’umanità non si arresta ai confini del cattolicesimo. Che i cattolici ne prendano coscienza; nel terzo millennio è un atto dovuto.
Per quale motivo gli organi ecclesiastici, con sovversivismo militante, si distanziano in modo evidente dalla società civile e dai sentimenti reali dei propri concittadini? Quella cattolica, è ancora una morale aggregante delle coscienze e punto di riferimento del vissuto quotidiano di un popolo?
La verità è che il cattolicesimo è debole perché condizionato dal terrore dell’evidente svilimento del proprio fascino. Non possiede più la forza della dottrina universale, i fondamenti della Chiesa vengono rimessi in discussione, il futuro dell’istituzione stessa è minacciato. Il clero brasiliano, che con i suoi 18.685 sacerdoti è una delle chiese più forti al mondo, chiede ufficialmente all’assemblea generale dei sacerdoti la revisione delle norme che regolano il celibato. La Spagna di Zapatero, infastidita dalle ingerenze dei vescovi cattolici, minaccia la revisione dei finanziamenti pubblici goduti dalla Chiesa.
E’ il panico che muove le azioni del Vaticano e la stigmatizzazione dell’aborto e della contraccezione come “atti del malvagio”, rappresenta il colpo di coda del pachiderma disorientato e mortalmente ferito. La divisione netta tra il bene e il male viene rappresentata con toni da crociata, i massimalismi lessicali e teoretici allontano dalla retta via il cittadino e la sua visione materialista dell’esistenza.
La morale cattolica conferisce alla vita il significato di valore supremo in ogni suo ambito e stadio di sviluppo. La difende addirittura quando ancora non c’è, entra nei letti delle persone e condanna la contraccezione sicura, perché mistificazione dell’atto sessuale non più inteso come momento propedeutico alla vita stessa. L’accezione attribuita alla parola vita raggiunge livelli di speculazione intollerabili per la morale laica; la vita che non c’è è vita, l’embrione è vita, lo spermatozoo e l’oocita sono vita, ma allora anche il batterio ucciso dall’antibiotico è vita.
L’estremismo teologico, portato avanti dai moderni e agguerriti apologeti, predica la cura dell’anima post mortem e la vita prima della nascita; la vicenda umana che sta nel mezzo è poco considerata o, al massimo, assume dignità solo se consumata entro il recinto del virtuoso paradosso teologico.
Invece la vita che sta nel mezzo, quella terrena, viene presa maledettamente sul serio dalla morale laica. L’umanesimo materialista non immola il proprio benessere sull’altare di una paccottiglia gelatinosa elevata allo status d’individuo. Il laico celebra la sacralità della vita benedicendo la creatura che è; carne, ossa, identità ed emozioni. Tutela la nascita affinché avvenga in un ambito di accoglienza e di premurosa protezione; s’adopera affinché la comunità si prenda cura del bambino di una madre che lavora. Apre strutture sanitarie e consultori dove le adolescenti possano apprendere i metodi anticoncezionali, essere avviate verso una sessualità serena e appagante; non quella sottomessa, colpevolizzante e sporca che la morale cattolica insuffla nei cuori delle persone. L’etica laica si ribella alla ineluttabilità del religioso destino e allora s’interroga sulla sorte di un bambino non voluto, non amato, deforme o malato già nel grembo materno.
La riflessione laica verte sul futuro di miliardi di uomini venuti al mondo in condizioni avverse; per l’assenza di anticoncezionali, per ignoranza, miseria o per stolta devozione ad un precetto religioso che celebra la sacralità di una vita migliore, dopo quella terrena. E allora, tra i due mali, il laico sceglie quello minore: sottrarre la donna dalle mani assassine di una mammana per assisterla medicalmente e psicologicamente in un passaggio doloroso della sua vita.
E’ nello staccare la spina, sottraendo l’individuo all’inutile accanimento terapeutico, che l’etica materialista esprime la massima considerazione verso la persona; il sangue, la carne, il dolore fisico e psichico, il libero arbitrio, sono i valori laici che assumono dignità e che sommati tra loro sono ben più importanti di un inanimato e colloso miscuglio di cellule.
E’ nel prendere sul serio l’esistenza e il dolore degli uomini che s’identifica l’atteggiamento laico e materialista. Siamo in campagna elettorale, Veltroni e Berlusconi hanno annunciato di volere lasciare fuori dalla competizione le questioni etiche.
No, l’Italia non è un paese cattolico.
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