Una cosa di sinistra: la cura dei bambini a rischio
«...grazie vivissime per il bel libro, e molti complimenti per gli autori... e per chi, come pediatra di periferia, affronta in prima linea salute e malattia. Il testo è molto utile anche per me, a causa dell'impegno nella Commissione Oms (Determinanti sociali delle disuguaglianze nella salute)».
Giovanni Berlinguer, Università «La Sapienza» di Roma ed europarlamentare.Dal punto di vista editoriale Napoli è di nuovo in una fase molto fertile: sono pubblicati vari testi che propongono letture delle vicende socio-politiche accanto ad altri testi che preferiscono l'inchiesta sociale. Fra questi è prezioso il testo «Disuguaglianze nella salute, nell'infanzia e nell'adolescenza in Campania».
Si tratta di cinque brevi saggi che, riferendosi ad indagini internazionali e analisi comparative fra le regioni italiane, documentano con evidenza empirica i nessi fra condizioni sociali e rischi per la salute delle persone. Il libro si colloca in una comunità di pratiche che, almeno dagli anni Settanta, ha prodotto inchieste tese a disvelare le condizioni di salute come un prodotto delle diseguaglianze sociali.
Come i buoni testi di epidemiologia, suggerisce un approccio critico e propositivo: la semplificazione fa male, le condizioni di vita sono sempre il prodotto di un coacervo di fattori incidenti. Si propone di superare una visione aziendalistica del trattamento della salute, evitando di considerare le persone, storicamente connotate, come pazienti tutti uguali. D'altra parte una corretta lettura di alcuni dati dice un'antica verità: il benessere come il malessere sono socialmente co-prodotti, dipendono molto da fattori sociali e ambientali.
Per fasce significative di popolazione continua ad esistere una sorta di destino sociale: i bambini più spesso ricoverati negli ospedali sono i figli di mamme povere, sole o di famiglie numerose, poco istruite, ed esse stesse poco curate. Quindi anche l'approccio teso al controllo della spesa, se assunto con serietà, non può non investire sulla prevenzione, con interventi mirati a gruppi sociali ben identificabili. I discorsi possibili sulla sanità in Campania sono molti ma, comunque, la constatazione sull'iniquità delle disparità di condizioni fra regioni, e fra province, con quelle ricche, che drenano più risorse di quelle del Sud, ha ancora un grande fondamento scientifico.
Il testo suggerisce anche la problematicità del peso della popolazione anziana che, sempre in crescita, soprattutto nelle regioni ricche, sottrae risorse per i bambini e gli adolescenti a forte rischio sociale. II libro suggerisce anche altro: è sempre più evidente la centralità, la necessità della cura, intesa come accuratezza della prevenzione, delle cure, dell'effettiva organizzazione dei servizi.
Gli eccessivi costi dell'ospedalizzazione, della medicalizzazione dei bambini (prevalentemente poveri), dipendono anche da una grande approssimazione e sciatteria che caratterizza i servizi che dovrebbero intercettare dalla nascita le condizioni di quei bambini. E quindi gli autori offrono ancora un altro messaggio: le competenze sono necessarie e non si possono confondere con un generico approccio progressista, con cui alcuni pensano di surrogare professionalità, rigorosa etica della responsabilità e necessarie competenze anche di tipo specialistico. Infine un ulteriore pregio del libro può essere inteso anche come un suo limite: è un libro del Novecento, scritto da autori, pregevoli studiosi, ben radicati nelle pratiche, che implicitamente tralasciano l'ipotesi dell'ingovernabilità del reale.
Ripropongono la necessità di politiche marcatamente orientate da criteri di equità e redistribuzione delle risorse, come logica del buon governo. Ma il libro esprime ancora molta - per me troppa - fiducia nell'approccio razionale: pur segnalando l'importanza delle comunità locali, assume una forte adozione del nesso logico fra conoscenza, programmazione e azione, sostanzialmente interno alla razionalità olimpica, sollecitando politiche sistemiche, generaliste, ingenuamente integrazioniste. Alcuni degli autori, già dal 1995, con l'Associazione Culturale Pediatri, svolgono attività di sensibilizzazione e promozione di politiche. In particolare hanno elaborato e propongono un modello di intervento di tipo preventivo, l'adozione sociale dei bambini a rischio, che, già avviato con il Comune in alcuni quartieri di Napoli, trova oggi in un programma regionale triennale una opportunità di sperimentazione diffusa in Campania.
Bisogna augurarsi che contenuti tanto qualificati trovino lo spazio giusto per pratiche sociali di cui vi è grande necessità, anche per confrontarsi sul paradigma proposto.
Giovanni Laino Dipartimento di Progettazione Urbana e di Urbanistica, Facoltà di Architettura, Università degli Studi di Napoli «Federico II»
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