Fatti diversi di pazienti, di medici e di uomini
Guardare alle cose più drammatiche con leggerezza è spesso una dote; certamente lo è quando al disincanto dello sguardo si accompagna la consapevolezza della complessità del vivere. Ne è capace Atul Gawande, chirurgo statunitense che con costanza lascia traccia scritta delle proprie esperienze professionali, e non solo.
Il suo nuovo libro, Better, segue Salvo complicazioni, tradotto da Fusi orari un paio di anni or sono. Chi segue il New Yorker ritroverà con piacere (o disappunto) diversi articoli già letti. Il filo che li lega è la valutazione della prestazione di medici e chirurghi. Performance che desideriamo (cittadini, malati, ma anche amministratori) eccellente da ogni punto di vista. A prescindere dal setting: ospedale «a cinque stelle» o ambulatorio da campo di battaglia mediorientale. Possibile? Forse sì.
A patto di considerare la medicina una scienza, non inesatta, ma che spesso costringe anche il «migliore» degli operatori a commettere errori. La medicina è una scienza praticata «al dettaglio», ricorda l'autore. Da qui, molte delle frustrazioni del medico: da una parte i grandi temi della medicina di popolazione, dall'altra il confronto quotidiano con l'individuo malato. Inutile lamentarsi, però: questo è il primo dei cinque consigli che Gawande si sente di dare ai lettori. Le difficoltà vengono più dalle biografie de pazienti che dalle malattie ed è una realtà che non è possibile aggirare.
Il secondo suggerimento è mutuato da Paul Auster; fai anche domande impreviste: «Dov'è cresciuta, signora?» «Ha visto la partita, ieri sera?». Solo in questo modo il medico riuscirà a stabilire connessioni col paziente. Ancora: tieni in considerazione i numeri. Fai caso alla frequenza dei casi di malattia, conta le garze prima e dopo l'intervento chirugico. Quattro: scrivi, prendi appunti, lascia tracce del tuo vivere da medico. Infine: cambia, mettiti in discussione, sii curioso nei confronti delle novità.
Luca De Fiore Il suo nuovo libro, Better, segue Salvo complicazioni, tradotto da Fusi orari un paio di anni or sono. Chi segue il New Yorker ritroverà con piacere (o disappunto) diversi articoli già letti. Il filo che li lega è la valutazione della prestazione di medici e chirurghi. Performance che desideriamo (cittadini, malati, ma anche amministratori) eccellente da ogni punto di vista. A prescindere dal setting: ospedale «a cinque stelle» o ambulatorio da campo di battaglia mediorientale. Possibile? Forse sì.
A patto di considerare la medicina una scienza, non inesatta, ma che spesso costringe anche il «migliore» degli operatori a commettere errori. La medicina è una scienza praticata «al dettaglio», ricorda l'autore. Da qui, molte delle frustrazioni del medico: da una parte i grandi temi della medicina di popolazione, dall'altra il confronto quotidiano con l'individuo malato. Inutile lamentarsi, però: questo è il primo dei cinque consigli che Gawande si sente di dare ai lettori. Le difficoltà vengono più dalle biografie de pazienti che dalle malattie ed è una realtà che non è possibile aggirare.
Il secondo suggerimento è mutuato da Paul Auster; fai anche domande impreviste: «Dov'è cresciuta, signora?» «Ha visto la partita, ieri sera?». Solo in questo modo il medico riuscirà a stabilire connessioni col paziente. Ancora: tieni in considerazione i numeri. Fai caso alla frequenza dei casi di malattia, conta le garze prima e dopo l'intervento chirugico. Quattro: scrivi, prendi appunti, lascia tracce del tuo vivere da medico. Infine: cambia, mettiti in discussione, sii curioso nei confronti delle novità.
Atul Gawande Better. A surgeon's notes on performance. London, Profile Books, 2007, pp 192, sterline 12.99
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