16 febbraio 2007

La devolution non fa bene al Sud

a cura della Redazione di Vitadidonna

Politica sanitaria
La devolution acuisce il divario fra Nord e Sud, e nel mezzogiorno d'Italia la salute dei cittadini peggiora. E' questo il dato più evidente che emerge dal rapporto "Osservasalute 2006", presentato ieri mattina all'università Cattolica di Roma. Fattori di rischio e stili di vita sbagliati, organizzazione e assistenza sanitaria carente, medicina del territorio pressoché assente, mancanza di screening e politiche di prevenzione sono il cocktail velenoso che determina un netto peggioramento per i cittadini del mezzogiorno. Al Sud aumentano diabete e obesità, fumano più giovani e anche nella lotta ai tumori si registra una pericolosa battuta d'arresto, tanto che i benefici della dieta mediterranea e dell'ambiente meno inquinato stanno venendo meno. Se non si interviene prontamente - avverte il rapporto - in 15 anni l'incidenza dei tumori raggiungerà quella del Nord.

"Questo rapporto - spiega Walter Ricciardi, direttore dell'Istituto di igiene dell'università Cattolica di Roma e direttore dell'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane - evidenzia chiaramente che mentre in due terzi delle regioni il livello di assistenza sanitaria può confermare la graduatoria stilata qualche anno fa dall'Organizzazione mondiale della sanità, che vedeva il nostro Ssn al secondo posto nel mondo, per 6-7 regioni purtroppo non è così. Sono quelle che si sono mosse in ritardo negli ultimi 10 anni e che non hanno colto la sfida della devoluzione, accusando oggi sofferenze fortissime". Insomma, dalle 453 pagine del Rapporto emerge che è la devolution a fare la differenza. "Nelle Regioni dove in questi anni si è ingaggiata una lotta serrata ai fattori di rischio per la salute, i cittadini stanno meglio. Viceversa, nelle Regioni 'immobili - prosegue Ricciardi - la salute è peggiorata".

La cartina di tornasole che evidenzia dove è più marcato questo andamento è rappresentata "dall'elenco delle Regioni che hanno i conti della sanità più in rosso, e che ora hanno bisogno dell'aiuto del Governo per fare fronte ai loro impegni", aggiunge Americo Cicchetti, ordinario di organizzazione aziendale alla facoltà di Economia della Cattolica. "La situazione è chiaramente a due velocità. E il 2006 ha segnato forse la resa dei conti, mettendo in luce - prosegue Cicchetti - quali Regioni hanno preso sul serio la devolution e quali no, decretando il fallimento di queste ultime". L'esperto della Cattolica evidenzia che nell'economia delle Regioni la sanità ha un peso sostanzialmente diverso: "Se la Regione Lombardia riesce ad assicurare i Lea spendendo il 4,75% del suo Pil, la Campania deve dedicare l'8,95% del Pil alla spesa sanitaria. Il differenziale - commenta - chiaramente è tolto alle politiche di sviluppo e di riequilibrio del sistema economico complessivo". A farne le spese maggiormente sono i servizi di assistenza territoriale, che marcano la netta differenza tra Regioni virtuose e non, soprattutto quando sono rivolti alle fasce di popolazione più fragili: anziani e disabili fisici e psichici in primis.

"Per questi ultimi, a esempio - interviene Gianfranco Damiani, docente all'Istituto di Igiene dell'università Cattolica e membro della segreteria scientifica dell'Osservatorio - il divario tra Nord e Sud appare incolmabile: le persone assistite, sia con interventi educativo-assistenziali, sia dai centri diurni, sono nel Nord-Est circa 10 volte quelle assistite nel Sud e nelle Isole".

Nessun commento:

Come usare questo blog