23 gennaio 2007

Assistere non autosufficienti costa 18mila euro l'anno

Questo l'esito della ricerca condotta dal Cergas, il Centro di ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale dell'Università Bocconi

Assistere una persona non autosufficiente costa 18.000 euro l'anno, anche escludendo molte spese sanitarie come le visite specialistiche e i ricoveri ospedalieri. E sono le famiglie a doversi fare carico di oltre un terzo di questa cifra (quasi 7.000 euro).
L'intervento pubblico e privato, in parte coordinato grazie all'elaborazione di Piani di Zona comunali di recente introduzione, è in realtà finanziato perlopiù dall'Inps, che eroga circa il 40 per cento delle risorse necessarie, ma che spesso non partecipa alla pianificazione nemmeno a fini informativi.

La programmazione riguarda, così, solo il 20-30 per cento delle risorse effettivamente devolute all'assistenza. Questo l'esito della ricerca condotta da Roberta Montanelli e Alex Turrini del Cergas, il Centro di ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale dell'Università Bocconi, che hanno ricostruito l'impiego delle risorse pubbliche e private per la non autosufficienza (e in generale per l'assistenza) in tre distretti lombardi, giungendo a conclusioni che gli autori giudicano "generalizzabili all'intero territorio italiano.

La spesa media per la cronicità che rimane in capo alle famiglie -dice Montanelli, responsabile dell'area servizi sociali e sociosanitari del Cergas Bocconi - è decisamente più alta del previsto, benché nella ricerca si sia data una definizione di non autosufficienza molto restrittiva: si tratta di persone costrette a letto o su una sedia a rotelle, ovvero il genere di emergenza che giustificherebbe l'esistenza di un'assistenza pubblica".

Il calcolo dei 18.000 euro esclude molte spese mediche, ospedaliere e ambulatoriali, ma comprende il costo opportunità dell'assistenza familiare. Il lavoro dei familiari, in altre parole, viene contabilizzato a un valore orario pari a quello della retribuzione di una badante. "Sicuramente - afferma Turrini - non ci aspettavamo che i Comuni fossero relegati a un ruolo tanto marginale.

Il processo di decentramento degli ultimi anni rimane sostanzialmente astratto se, nella pratica, il grosso delle risorse pubbliche per l'assistenza è gestito da un ente, come l'Inps, il cui processo decisionale è centralizzato". Dall'analisi esce ridimensionato anche il ruolo delle organizzazioni non profit.

I due autori, depurando i dati dalle tariffe pagate dagli enti pubblici per gli utenti e valorizzando il lavoro volontario, concludono che il contributo di queste organizzazioni varia dall'1 al 5 per cento delle risorse per la non autosufficienza. "In questo - spiega Turrini - il non profit italiano non è ancora riuscito a ritagliarsi il ruolo di redistributore di risorse raccolte con il fundraising. Per ora riesce a gestire risorse in gran parte pubbliche".

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