23 ottobre 2008

Ragazzi contro... benvenuti!

A migliaia manifestano la loro esistenza nel modo più democratico possibile: la piazza.

di MAURO DAVID

Scuola, GelminiLi credevamo addormentati o, peggio ancora, annichiliti su un’esistenza vuota, priva d’ideali, svuotati di quella voglia di essere, di fare e di cambiare che da sempre contraddistingue il lato evoluto della specie umana. D’altra parte come darci torto? Vederli lì sul divano a divorare ore di Grande Fratello o, peggio ancora di Amici, ha frustrato ogni speranza. Constatare nei nostri figli lo stato di totale isolamento intellettuale e il disinteresse verso i fatti della vita ci ha resi isterici.

Si perché noi, 50 e 60enni, il mondo lo abbiamo cambiato davvero, e a dispetto di chi denigra e gode allo stesso tempo dei frutti di quella stagione di profonde mutazioni, lo abbiamo cambiato in meglio. Nelle fabbriche, nelle scuole, nella sanità. Eravamo giovani, presuntuosi , supponenti, fieri contestatori di ogni ordine costituito sulle diseguaglianze. Giovani contro, a volte antipatici, ma contro le Mutue di serie A e di serie B, contro le scuole riservate ai ricchi, contro lo sfruttamento degli operai, insomma... contro.

Si, certo, da qualche anno abbiamo iniziato ad innervosirci; la percezione che i nostri coetanei avessero dimenticato “com’era prima”, ci rattristava. Soprattutto quando tra gli smemorati riconoscevi quelli che avevano vissuto quella lunga e appassionata stagione. Le 150 ore per i lavoratori studenti, le opportunità offerte ai figli dei nostri emigranti affinché anche loro potessero partecipare al torneo dell’esistenza come giocatori effettivi, e non come raccattapalle; chi conservava la memoria di tutto questo?

Oggi i nostri ragazzi sono lì, in prima fila. A migliaia manifestano la loro esistenza nel modo più democratico possibile: lamanifestazione_scuola.jpg piazza. Scrivono al Presidente della Repubblica affinché difenda il principio stesso della scuola pubblica, fanno lezione nelle strade. Non indossano la kefiah, non ci sono bandiere rosse o foto del Che, simboli di un’illusione ormai archiviata. Ma non importa, anche se griffati sono lì, esistono. E non sono i soliti centri sociali, come la destra primitiva di questo paese sostiene. La maggioranza dei ragazzi per la prima volta assapora l’entusiasmo per la costruzione del proprio futuro, la condivisione di valori, l’uscita dalla solitudine. Che sollievo! Loro difendono e miglioreranno quello che noi abbiamo messo insieme.

E’ notizia di oggi, l’Italia è al top della classifica dei paesi con maggiore disuguaglianza (OCSE). Il 10% degli italiani ha in tasca il 42% della ricchezza nazionale; al 90% della popolazione non resta che spartire quello che resta (Banca d’Italia). La divisione tra poveri e ricchi è sempre più marcata, il ceto medio sta scomparendo perché risucchiato dagli inferi del disagio economico.

Senza uguaglianza, in una società complessa non c’è futuro, ma conflitto. Non c’è evoluzione e civiltà in una comunità se i membri che la compongono, tutti, nessuno escluso, non migliorano la propria condizione intellettuale. Solo la scuola pubblica può assicurare un simile risultato. E’ scritto su tutti i libri di storia, quelli letti dai nostri ragazzi. Alla signora Gelmini, forse non più fresca di studi, gioverebbe un ripassino.

L’istruzione è l’ingrediente base del benessere sociale, alla scuola non si devono sottrarre risorse, semmai vanno aggiunte, sempre e comunque. Benessere diffuso e opportunità equamente distribuite, questo è lo scopo dello Stato. Integrare, istruire, sostenere chi non ce la fa’; questo è invece il compito della scuola pubblica, che non è certo quello di selezionare con i sette in condotta. Abbiamo un bisogno disperato di tutto questo, i nostri ragazzi l’hanno capito, ma chi ha in mano le redini del loro futuro sembra perseguire altri obiettivi.

Forse i nostri padri, usciti dall’esperienza del fascismo, della guerra e della Resistenza, seppur da noi stessi contestati, ci guardavano con un senso di ammirazione e compiacimento per quel nostro agire in difesa dei valori universali introdotti dalla Rivoluzione Francese. Ci piace pensarlo.

Oggi come allora, guardiamo i nostri figli difendere ciò che abbiamo di più caro: il sistema di diritti che abbiamo costruito. Spesso critichiamo e mal sopportiamo le loro scelte, ma ora li amiamo e li apprezziamo per questo impegno.

Lasciate che ci culliamo in questa fantasia, in questa similitudine di eventi e di emozioni.

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